Traduzioni:    


da LE COSE DEL MONDO

IL MAI PIU’

Il termine ridotto

all’incredibile, con

tutti i suoi

sospesi, rimorsi

e sottintesi. Un

punto fermo al

resto che si muove,

pensato e ripetuto

pronunciato

come dato impossibile:

"Mai più".

Per ciò

che si poteva

e che non fu.

 

SERVI DEL MONDO

Le falsità dell’intelletto,

gli oscuri mostri

del pensiero, l’effetto

delle vane immagini

sul cuore, l’eterno

ricorso alle risorse

dell’amore, l’ombra

del vero eluso senza

reale soluzione. Con solo

un dato certo, in fondo,

neppure più la previsione

del tempo perso

per servire il mondo.

 

IN USO DI LITOTE

"Non offendendo

non essere offeso

e, non godendo,

nemmeno patire"

...un sofisma sottile

- non c’è che dire - però

velato dall’alone

debordante della litote.

Quel che è distrutto

patisce e, no,

quel che distrugge

non gode, nonostante.

 

CHIUSI NEL SOGNO

Nati dal corpo

di natura, distaccati

e alzati in volo, ma

ricaduti in ansia

e per paura.

Eppure amando

per se stessa,

sì, la vita.

Disamorati

delle cose umane

per l’esperienza

ma poco a poco

assuefatti a rimirarle,

quelle, da lontano

e, nel distacco,

vedendole più belle.

Disposti a sopportare

disagi e strazi

misfatti ed infortuni.

Chiusi nel sogno

intatto di uscirne,

chissà come, immuni.

 

L’OGGETTO DEL PENSIERO

E’ un’astrazione

e non un fatto:

l’oggetto

di un pensiero

un concetto

più che un sentimento

uno stato desiderato

inseguito dalla mente

eppure insoddisfatto

perduto prima

di averlo conquistato

e, dunque, mai goduto

(sempre sul punto

di essere... ) creduto

e delirato:

il senso del piacere.

 

NECESSITA’ DELL’INGANNO

Da me forniti a me

e usati, per dovere,

via via lasciati

andare tali e quali

intanto a fondo.

Nonostante sia inutile

sapere che il sole

si è levato o tramontato

che fa caldo o freddo

che qua e là

è piovuto o nevicato.

Mi faccio imbrogliare

dai segnali partiti

dall’oggetto morto

per l’amore

che ancora porto

mio malgrado

ai vizi capitali.

 

NELL’ATTESA DELL’EVENTO

Il nome non ancora

pronunciato:

ciò che, nel giro

della mente, ogni volta

si ripete per intero

eppure non è stato...

in un innesco continuato

dell’azione rimasta

(intricata e sciolta)

nell’appiglio

dei suoi stessi uncini.

 

LA GIOIA E IL LUTTO

L’accendersi e

lo spegnersi

(per caso?) della vita

la traccia luminosa

la scia che lascia

dietro a sé

quello che è stato

amato o non amato

comunque sconosciuto

la gioia e il lutto:

precipitato, tutto,

nel cieco vaso

tra le braccia del buio.

L’orma appassita

eppure rifiorita

di ogni cosa.

L’ombra e l’odore

neppure più il colore

il pensiero pensato

della rosa.

 

L’INTANTO

L’origine segreta

la fessura

la scaturigine

la fonte, di un proiettarsi

al meglio, al positivo.

In ciò che, stante,

creduto per durare

diventa poi stato

inamovibile cessato.

Ma, intanto, è geiser

soffione boracifero

spumante.

 

L’ESSERE AMATO

Sfiorato avvolto

blandito imprigionato,

specchio confidente

alimento prepotente

ossigenato,

l’essere amato

preteso e dichiarato.

 

SOGNO E REALTA’

In un gioco di specchi

sogno e realtà,

moltiplicandosi

nell’effetto miscuglio

- cocktail o frullato

intruglio o elisir -

hanno inventato

ed, ecco, rivelato

l’universo della vita

in una sfida stravagante

facendo eterno andare

di ogni istante,

oceano del poco mare

attraversato

e transatlantico

del piccolo natante

che vi si è sopra avventurato.

 

FELICITA’

Di fronte a ciò che muta

e dura senza posa

non vale l’intenzione

magari scrupolosa

di chi si pone

a metà del corso

la questione

e incerto si risponde

che, messa in conto

solo massimale,

la felicità

invece si confonde

con la dissolvenza stessa

di ogni cosa.

 

UCCISIONI

La violenza che gonfia

e scoppia fuori

saltata via la crosta,

la potenza mortale

di aguzzini e stupratori

in versione pressoché normale,

con le mani affondate

nel sangue di una vittima

ogni volta rinnovata

e lo scempio, poi,

della carne martoriata

agnello di una propria

colpa originale,

la ferita a tutto tondo

con su marcata l’intenzione

di farne l’ostensione.

Il coltello del cupo

sacrificio rituale

nei profani scannatoi

di questo mondo.


NELL'ATTO DI PARTIRE Traduzione:        

VIAGGIO

Poi, alla fine,
mi metto in moto
nonostante
la tentazione di restare
nelle zone più vicine
in vista del mio noto.
Ma, in compenso, parto
solo per tornare.
Non so neanch'io
cos'è che vale
e mi convince,
quale pensiero...
un'intuizione certa
un sesto senso
che mi spinge,
la coscienza fulminante
di una scoperta
paradossale,
che bisogna perdersi
per potersi davvero
ritrovare.

TUNNEL

È all'improvviso,
dentro il tunnel
che non finisce mai,
nell'aria morta
che pizzica alla gola.
Tutte le volte
che ci sono già passato.
Eppure, no, non vale
che lo ricordi,
lo anticipi una sola.
Picchio nel muro
e lì mi rendo conto,
dentro il percorso
cieco e uguale
specchio di me
a una mia spoglia,
di ciò che è stato
di come, in fondo
e contro ogni mia voglia,
io sia cambiato.

NELL'ATTO DI PARTIRE

Sarà che l'ho sentita
ogni volta uguale
e non è stata mai
una cosa astratta
ma proprio segnata
sulla pelle, fatta
azione materiale
che assale e
che cancella,
un'incisione dolorosa
una particella tolta
e consumata tutta
una limatura
in puncti loco
un accorciamento minimale.
Dipenderà, sia pure,
dalla mia natura...
però lo sperimento
nell'atto di partire
che tanto o poco
è già un morire.

DA NESSUNA PARTE

Quante volte
sono partito
appena giorno o
nel cuore della notte
e, molte, controvoglia
nel dispetto finito
con la testa
sulla soglia del ritorno.
Se si potessero sommare
una all'altra
tutte le rotte
e aggiungere le mete
foglia su foglia
quale catena lunga
di deriva,
che mostruoso disegno
della distanza
si comporrerebbe nel totale
sulle carte...
sarebbe la riprova
di una condanna
senza mai riposo,
si vedrebbe
che non si avanza
di una spanna,
che più si va
e meno si trova,
che non si arriva
da nessuna parte.

AMORE

Così, di colpo
mi colgo sullo specchio
stretto nell'abbraccio
mentre mi proietto
oltre me stesso:
contratto desiderio
e strazio di un soggetto
che mima la fusione. Ma
annulla la finzione e il sogno
di unione più totale
proprio l'oggetto
duro che, intanto,
sale su nel mezzo
di noi due
e che si oppone
corpo estraneo
alla sua stessa affermazione.

DESIDERIO

Penso di me
che frugo con la mano
il corpo arreso e
aperto a ogni assalto
e ascolto intanto,
teso sul tonfo
del tuo cuore,
la voce che cigola
e che stride
pronunciando:
"amore".
Penso di me che
conto piano
ogni anfratto e appiglio
scoperta e nascondiglio
tuo di me che punto
e mi assottiglio
e cerco e inseguo
misurandola sul serio
la causa
di tanto desiderio.

DESTINO

È in quel remoto soffio
dentro al cuore
che ognuno riconosce
il suo destino.
Il sogno più proibito:
l'idea di un infinito
perfino quotidiano,
lasciato in sorte
al corpo dell'amore.
Arreso e imprigionato
per conservare intatto
il suo sapore,
sottratto al vuoto
tenuto tra le cosce
a lungo, invano,
come l'acqua
che scivola comunque
dalla mano.


SULLA TUA GOLA

La lieve curva della gola
nel pronunciare una parola,
l'ombra sul petto e
il taglio della mano
che sale lungo il fianco,
quel bianco incarnato
sfumato appena
in un ventaglio
di smagliature.
Tratti minimi, sia pure,
punti legati in un segmento:
forma colore consistenza.
Solo il dettaglio,
nel farsi oggetto
e luogo circoscritto
ai nostri sensi,
rende presente
e non più astratto
né più evanescente
o spento e vano
l'istinto a opporre
al tempo un'immanenza
fingendosi un istante
eterno il mondo
prima che la traccia
slitti via
cadendo a fondo.

PER VIA DI NASO

Ti ho vista in sogno
che mi correvi incontro
sorpresa e soddisfatta
di avermi ritrovato,
felice anch'io
sia pur sentendo
che mi sapevi
persuaso dell'inganno
e che il trasporto
era soprattutto il mio.
E nel cristallo
della mia visione
per via di naso
è stato, intanto,
che ti ho baciato
contro un muro giallo
tenendo tra le braccia
il tuo profumo.
Svegliatomi in affanno
mi ha preso il desiderio
e mi è bruciato dentro
tutto il giorno,
ma non volevo spegnerlo
beato, restando
a cuocermi nel forno.

VITA

L'accendersi e
lo spegnersi
(per caso?) della vita
la traccia luminosa
la scia che lascia
dietro a sé
quello che è stato
amato o non amato
comunque sconosciuto
la gioia e il lutto:
precipitato, tutto,
nel cieco vaso
tra le braccia del buio.
L'orma appassita
eppure, intanto,
rifiorita
di ogni cosa.
L'ombra e l'odore
neppure più il colore
il pensiero pensato
della rosa.

 


  Paolo Ruffilli Mail: ruffillipoetry@gmail.com